Dopo giorni di pioggia una bella giornata di sole ha accompagnato i festeggiamenti per i 150 anni dell'unità d'Italia e la giornata torinese del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Torinesi, turisti stranieri, scolaresche hanno atteso il presidente davanti a Palazzo Madama e poi davanti a Palazzo Carignano sede del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano.
Una giornata da immortalare in questo collage:
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venerdì 18 marzo 2011
andando indietro nel tempo
giovedì 17 marzo 2011
Fratelli d'Italia
Tutti, o quasi, sanno che l'inno italiano è "Fratelli d'Italia" e che fu scritto da Goffredo Mameli... ma quanti conoscono il nome di chi lo ha musicato?
Fratelli d'Italia venne scritto nell'autunno del 1847 da un giovane genovese, Goffredo Mameli appunto, ma fu musicato da Michele Novaro, che nato a Genova dopo gli studi di composizione si trasferì a Torino per lavorarvi come tenore al teatro regio.
Sotto i portici di via Barbaroux sul calpestio dell'ingresso di un negozio al numero civico 4, in occasione delle olimpiadi invernali del 2006 è stata posta la lapide della foto che ricorda il maestro Michele Novaro.
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Presque tous sait que l'hymne italien est "Fratelli d'Italia» et a été écrit par Goffredo Mameli ... mais combien connaissent le nom de la personne qui a ecrit la musique?
"Fratelli d'Italia" a été écrit par un jeune Génois, Goffredo Mameli précisément, dans l'automne de 1847, mais il a été mis en musique par Michele Novaro, qui était né à Gênes, après avoir étudié la composition, il s'installe à Turin pour travailler comme un ténor au Théâtre Royal.
Sous les arcades de Via Barbaroux sur le trottoir à l'entrée d'une boutique au numéro 4, à l'occasion des Jeux olympiques d'hiver de 2006 a été posée la plaque commémorant le professeur Michele Novaro.
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The Italian hymn "Fratelli d'Italia" was written by Goffredo Mameli ... but how many know the name of the person who wrote the music?
"Fratelli d'Italia" in the autumn of 1847 was written by a young Genoese, Goffredo Mameli, but was set to music by Michele Novaro, who was born in Genoa, after studying composition, he moved to Turin to work as a tenor at the Theatre Royal.
Under the arcades of Via Barbaroux on the pavement of the entrance of a shop at number 4, on the occasion of the 2006 Winter Olympics has been given the commemorating plaque of the teacher Michele Novaro.
17 marzo.... festa nazionale
Preghiera per l'Italia
Proteggi, o Signore,
la Patria nostra che amiamo e serviamo.
Proteggi l'Italia che è stata grande nei secoli gloriosi.
Proteggi l'Italia nei suoi Eroi, nei suoi Genii,
nei suoi Santi, nei suoi bimbi,
nelle sue donne e nelle sue madri,
nel lavoro quotidiano dei suoi figli.
Rendici sempre più coscienti del suo nome e della sua storia.
E fa che ognuno sia degno d'esser figlio dell'Italia nostra.
Proteggi la Patria nostra e fa che sia fiera,
ma non superba, forte, ma non violenta,
distributrice di amore, di bellezza,
di giustizia a tutte le genti,
come Frate Francesco l'ha sognata e Dante l'ha cantata.
E così sia.
-
Nino Salvaneschi
martedì 15 marzo 2011
Ai tempi di Torino capitale d'Italia....
In questo periodo in cui si fa tanto parlare di risorgimento, di unità d'Italia, a me sorge una curiosità, ma quando la capitale era Torino, quando c'erano i Savoia e la corte, cosa si mangiava?
Sicuramente tra Sei e Settecento Torino capitale del Ducato di Savoia era una città in evoluzione: si arricchiva di palazzi, di chiese, di piazze, di ville di collina e palazzine di caccia. Costruzioni sfarzose con scenografici giardini e giochi d'acqua per celebrare la potenza sabauda, e fu appunto
nella seconda metà del Settecento che nacque la cucina piemontese.Le ricette erano tratte da “Il cuoco piemontese”, pubblicato a Torino nel 1776 introdusse i nuovi principi culinari appresi a Parigi, reinterpretando le ricette e sostituendo gli ingredienti originali con quelli che meglio corrispondevano al temperamento piemontese, più facili da reperire o che semplicemente venivano giudicati di migliore qualità: la birra lasciò spazio all’acquavite di vino, il vino bianco secco prese il posto dello champagne, le varietà di cipolle d’Ivrea e i cardi di Chieri furono preferiti a tutti gli altri, etc.
Una portata sabauda che potrebbe essere cucinata ai giorni nostri è "Carciofi alla galeotta", per realizzarla occorre pulire i carciofi e tagliarli in quattro, eliminando la barba interna. Sbiancarli con il limone e metterli in una pentola con un trito di scalogno, prezzemolo, funghi, uno spicchio d'aglio intero, una fetta di limone e un po' d'olio. Durante la cottura versare un mestolo di brodo di carne e sfumare con un bicchiere di vino bianco. Una volta cotti servire con succo di limone.
Che ne dite di provare? io uno di questi giorni lo farò e vi farò sapere.
Marzo 1821
Soffermàti sull’arida sponda,
Vòlti i guardi al varcato Ticino,
Tutti assorti nel novo destino,
Certi in cor dell’antica virtù,
Han giurato: Non fia che quest’onda
Scorra più tra due rive straniere;
Non fia loco ove sorgan barriere
Tra l’Italia e l’Italia, mai più!
L’han giurato: altri forti a quel giuro
Rispondean da fraterne contrade,
Affilando nell’ombra le spade
Che or levate scintillano al sol.
Già le destre hanno stretto le destre;
Già le sacre parole son porte:
O compagni sul letto di morte,
O fratelli su libero suol.
Chi potrà della gemina Dora,
Della Bormida al Tanaro sposa,
Del Ticino e dell’Orba selvosa
Scerner l’onde confuse nel Po;
Chi stornargli del rapido Mella
E dell’Oglio le miste correnti,
Chi ritogliergli i mille torrenti
Che la foce dell’Adda versò,
Quello ancora una gente risorta
Potrà scindere in volghi spregiati,
E a ritroso degli anni e dei fati,
Risospingerla ai prischi dolor:
Una gente che libera tutta,
O fia serva tra l’Alpe ed il mare;
Una d’arme, di lingua, d’altare,
Di memorie, di sangue e di cor.
Con quel volto sfidato e dimesso,
Con quel guardo atterrato ed incerto,
Con che stassi un mendico sofferto
Per mercede nel suolo stranier,
Star doveva in sua terra il Lombardo;
L’altrui voglia era legge per lui;
Il suo fato, un segreto d’altrui;
La sua parte, servire e tacer.
O stranieri, nel proprio retaggio
Torna Italia, e il suo suolo riprende;
O stranieri, strappate le tende
Da una terra che madre non v’è.
Non vedete che tutta si scote,
Dal Cenisio alla balza di Scilla?
Non sentite che infida vacilla
Sotto il peso de’ barbari piè?
O stranieri! sui vostri stendardi
Sta l’obbrobrio d’un giuro tradito;
Un giudizio da voi proferito
V’accompagna all’iniqua tenzon;
Voi che a stormo gridaste in quei giorni:
Dio rigetta la forza straniera;
Ogni gente sia libera, e pera
Della spada l’iniqua ragion.
Se la terra ove oppressi gemeste
Preme i corpi de’ vostri oppressori,
Se la faccia d’estranei signori
Tanto amara vi parve in quei dì;
Chi v’ha detto che sterile, eterno
Saria il lutto dell’itale genti?
Chi v’ha detto che ai nostri lamenti
Saria sordo quel Dio che v’udì?
Sì, quel Dio che nell’onda vermiglia
Chiuse il rio che inseguiva Israele,
Quel che in pugno alla maschia Giaele
Pose il maglio, ed il colpo guidò;
Quel che è Padre di tutte le genti,
Che non disse al Germano giammai:
Va’, raccogli ove arato non hai;
Spiega l’ugne; l’Italia ti do.
Cara Italia! dovunque il dolente
Grido uscì del tuo lungo servaggio;
Dove ancor dell’umano lignaggio
Ogni speme deserta non è;
Dove già libertade è fiorita,
Dove ancor nel segreto matura,
Dove ha lacrime un’alta sventura,
Non c’è cor che non batta per te.
Quante volte sull’Alpe spiasti
L’apparir d’un amico stendardo!
Quante volte intendesti lo sguardo
Ne’ deserti del duplice mar!
Ecco alfin dal tuo seno sboccati,
Stretti intorno a’ tuoi santi colori,
Forti, armati de’ propri dolori,
I tuoi figli son sorti a pugnar.
Oggi, o forti, sui volti baleni
Il furor delle menti segrete:
Per l’Italia si pugna, vincete!
Il suo fato sui brandi vi sta.
O risorta per voi la vedremo
Al convito de’ popoli assisa,
O più serva, più vil, più derisa
Sotto l’orrida verga starà.
Oh giornate del nostro riscatto!
Oh dolente per sempre colui
Che da lunge, dal labbro d’altrui,
Come un uomo straniero, le udrà!
Che a’ suoi figli narrandole un giorno,
Dovrà dir sospirando: io non c’era;
Che la santa vittrice bandiera
Salutata quel dì non avrà.
-
Alessandro Manzoni
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