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sabato 29 gennaio 2011

Ortrugo...questo sconosciuto

Ortrugo: chi è costui? L'Ortrugo è un vino! Per essere precisi è un vino bianco piacentino, come il più noto Gutturnio. Tuttavia è solo dagli anni settanta che il vitigno dell'Ortrugo ha ricevuto una rivalutazione, sino ad allora l'Ortrugo era considerato un vino da taglio. Il vino ha un gusto gradevole, secco, un poco sapido, che ben si accompagna con antipasti, salumi, primi piatti leggeri, piatti di verdura e di pesce. Ortrugo... ma cosa significa? Deriva dal dialetto Ortr ug che significa altra uva. Io l'ho usato sia per la cottura del risotto valdostano sia per accompagnarlo durante il pranzo. e' risultato un ottimo abbinamento.

venerdì 28 gennaio 2011

Risotto valdostano

Questo è il risotto che ho preparato domenica scorsa.
300 g di riso
1 l di brodo
1/2 bicchiere di vino bianco secco
prezzemolo
parmigiano
burro
2 scalogni
Rosolate gli scalogni tagliati a fettine sottili in alcuni cucchiai d'olio e, non appena saranno diventati dorati, versate il riso e mescolatelo per alcuni istanti nel condimento, in modo da farlo leggermente tostare. Versare il vino, io ho usato un Ortrugo, e lasciarlo evaporare, poi aggiungere un mestolo di brodo e portaare il riso a cottura aggiungendo a mano a mano altro brodo. Quando il riso è quasi cotto aggiungere il prezzemolo lavato, asciugato e tritato. Incorporare il parmigiano, mantecare col burro. Imburrare uno stampo, io ne ho usato uno per plum cake, e versarvi il riso compattandolo. Mantenerlo caldo e sformarlo sul piatto da portata.
A parte si prepara la fonduta con
200 g di fontina
150 g di latte meglio se intero
2 tuorli d'uovo
30 g di burro
Tagliare la fontina a fettine sottili e metterla a bagno nel latte per un paio d'ore, poi aggiungere il burro e mettere il tutto in pentola a cuocere a fuoco basso mescolando continuamento con una frusta metallica sino a quando il formaggio è completamente fuso. Aggiungere i tuorli d'uovo e continuare a cuocere mescolando finchè inizia ad addensare. Quando inizia ad essere cremoso spegnere e versare sul riso.

lunedì 24 gennaio 2011

ADDIO MONDO CRUDELE

No, non sto per fare un insano gesto! Vi sto invece per raccontare l'ultimo spettacolo teatrale a cui ho assistito. Si tratta di una commedia tragicomica che ironizza sul ricorso alla psicologia contemporanea e ai suoi approcci sbagliati. La commedia inizia con una donna di nome bianca decide di buttarsi dal cornicione dello studio della propria psicologa.
La scena si svolge tutta sul cornicione dove Bianca inizia a raccontare le sue disavventure, il tradimento del marito, la delusione dalla terapia psicoanalitica,
Ma sul cornicione non è sola: gli aspiranti suicidi diventano due, entrambi pazienti della psicologa, ed entrambi stanchi della vita di coppia e così si susseguono colpi di scena e gag a non finire. Mentre risultano inutili i tentavi di dissuasione della dottoressa, giungono anche i rispettivi coniugi ed ovviamnte le forze dell'ordine. Il testo teatrale è opera di Tobia Rossi, precoce talento che nel 2003 con "Addio mondo crudele" vinse a Velletri il premio Nazionale Teatrale Eduardo de Filippo. A portarlo in scena la compagnia teatrale Affetti Collaterali, che ha saputo rendere l'ironia e strappare applausi e risate.

il mio keiki

Cos'è un Keiki? ma è il figlioletto dell'orchidea!!
Keiki infatti è una parola hawaiiana che significa bambino e viene usata per definire una piccola pianta nata per agamia (ovvero una riproduzione asessuata) delle orchidee specie le phalaenopsis, come la mia.
All'incirca un anno fa iniziava a spuntare una fogliolina, poi dopo mesi un'altra, poi si ingrandivano poi sono arrivate le radici e finalmente mi sono decisa a staccare il keiki dalla piante madre e a metterlo a dimora in un vaso tutto suo.
Mi sono dovuta procurare un vaso di plastica trasparente per orchidee e l'apposito terriccio fatto di corteccia di pino. Le orchidee sono molto delicate e così ho dovuto avere l'accortezza di lavare il vaso con della candeggina per disinfettarlo. Anche per a separazione del keiki ho dovuto provvedere tramite un coltellino sterilizzato. Insomma dopo tutte queste cure il keiki ora è nel suo vaso... ecco due foto, una del keiki nato dallo stelo dell'orchidea (una foto di qualche mese fa) e poi la foto del keiki invasato.

portaferri.... fatto

Ecco che uno dei propositi del nuovo anno si è realizzato, grazie a tanta pazienza e buona volontà. Ho realizzato il portaferri, rotolo morbido di stoffa imbottita nel quale contenere in modo ordinato i ferri per lavorare a maglia. Per realizzarlo avevo acquistato al mercato uno scampolo di trapuntino ed uno di tessuto di cotone. Ho ricavato dal trapuntino un rettangolo di cm 55 x 45 e ne ho orlato i lati. Dal tessuto di cotone ho invece ritagliato un rettangolo di cm 34 x 44. quest'ultimo l'ho sovrapposto al primo in modo da ricavarne una tasca, cucendone tre lati. A questo punto ho realizzato delle cuciture parallele a distanza l'una dall'altra di circa 2, 5 cm.

martedì 11 gennaio 2011

La mia sciarpa pon...posa

Ecco la mia sciarpa con il filato pon pon....
Sono molto soddisfatta perchè l'effetto finale della fantasia di colori è proprio come me la ero immaginata. E poi ho fatto in fretta a finirla, è calda, morbida morbida, insomma è probabile che ne seguiranno altre.
Come ho fatto?
Ho messo sul ferro 12 maglie, non nel modo tradizionale con il quale si inizia normalmente un lavoro a maglia ma prendendo il cordoncino chiuso fra due pon pon, avvolgendolo su se stesso due volte e infilandolo sul ferro: ho ripetuto per 12 volte così da ritrovarmi 12 maglie sul ferro.
Poi ho iniziato a lavorare a diritto le 12 maglie; voltato il lavoro ho fatto un ferro a rovescio e ho alternato un ferro a diritto ed uno a rovescio per una lunghezza di circa un metro e 50. Chiaramente ho dovuto unire più gomitoli, ben tre, annodando il cordino e fissando il nodo con un colpo di accendino, sì avete capito bene, un colpo di accendino, ma appena appena eh, sennò la sciarpa finiva tutta in cenere!!!
Al termine dell'ultimo gomitolo ho calcolato che mi restasse un po' di filato, per la precisione dovevano esserci tanti pon pon quanto era il numero delle maglie più una, quindi nel mio caso 13. La chiusura del lavoro non avviene nel modo tradizionale ma si lavora la prima maglia, ne risulta un'asolina che anzichè passare sul ferro si tiene fra due dita e la si gira su se stessa un paio di volte, il filato con i tredici pon pon viene passato dentro a questa asolina sino all'ultimo pon pon che si deve allineare a quelli dei giri precedenti, e così si deve operare per ciascuna maglia. L'ultima maglia si lavora nello stesso modo e poi si evita che il filato si sfili con un colpo di accendino. Io ho fatto u n nodino e ho fissato il tutto con due punti dati con l'ago, così tanto per essere sicura che non si disfasse. Ed il gioco è fatto, ecco pronta la sciarpa!
La sciarpa poteva anche essere lavorata tutta a diritto in tal caso il risultato sarebbe stato una serie di righe orizzontali formate dai pon pon, ogni riga divisa da una riga in cui i pon pon comparivano sull'altro lato del lavoro, ovvero sul rovescio, con un effetto di tipo onda da entrambi i lati.

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Award...

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assegnatomi dal blog "l'incantesimo dello zucchero" di Rocco

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Ci sono giorni memorabili nelle nostre vite in cui incontriamo persone che ci fanno fremere come ci fa fremere una bella poesia, persone la cui stretta di mano è colma di tacita comprensione e il cui carattere dolce e generoso dona alle nostre anime desiderose e impazienti una pace meravigliosa. Forse non le abbiamo mai viste prima e magari non attraverseranno mai più il sentiero della nostra vita; ma l'influsso della loro tranquillità e umanità è una libagione versata sul nostro malcontento, e sentiamo il suo tocco salutare come l'oceano sente la corrente della montagna che rinfresca le sue acque salate. Helen Keller
by Renata

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